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Vitamina D e demenza: nuove evidenze dal più grande studio prospettico europeo

La vitamina D continua a rivelare il suo ruolo cruciale nella salute cerebrale, andando ben oltre la sua funzione tradizionale nel metabolismo osseo. Un importante studio prospettico condotto su oltre 269.000 partecipanti della UK Biobank ha fornito nuove evidenze significative sul rapporto tra carenza di vitamina D, supplementazione e rischio di sviluppare demenza, malattia di Alzheimer e demenza vascolare.

Lo scenario epidemiologico della carenza di vitamina D

I dati emersi dallo studio dipingono un quadro preoccupante: il 18,3% dei partecipanti presentava una carenza di vitamina D (livelli di 25-OH vitamina D inferiori a 30 nmol/L), mentre il 34% mostrava insufficienza (livelli tra 30-50 nmol/L). Questo significa che oltre la metà della popolazione studiata presentava livelli subottimali di vitamina D, una condizione che si riflette nella popolazione generale europea, dove la prevalenza della carenza raggiunge il 40%.

La ricerca ha seguito i partecipanti per un periodo medio di 13,6 anni, documentando 7.087 casi di demenza, di cui 3.616 diagnosi di Alzheimer e 1.815 di demenza vascolare. Questi numeri rappresentano un'importante base statistica per comprendere l'impatto della vitamina D sulla salute cognitiva.

Il legame tra carenza di vitamina D e rischio di demenza

I risultati dello studio rivelano un'associazione consistente e dose-dipendente tra i livelli sierici di vitamina D e il rischio di sviluppare demenza. I partecipanti con carenza severa di vitamina D mostravano un aumento del rischio del 25% per tutte le forme di demenza, del 19% per la malattia di Alzheimer e del 24% per la demenza vascolare, rispetto a coloro che presentavano livelli sufficienti.

Anche l'insufficienza di vitamina D si associava a un incremento significativo del rischio: 11% per la demenza generale, 10% per l'Alzheimer e 15% per la demenza vascolare. Questi dati suggeriscono che il punto di taglio critico di 50 nmol/L (20 ng/mL) rappresenta una soglia importante per la neuroprotezione.

L'analisi dose-risposta ha evidenziato una relazione inversa particolarmente pronunciata per livelli di 25-OH vitamina D inferiori a 50 nmol/L, con un plateau di rischio che si stabilizzava per concentrazioni inferiori a 30 nmol/L, suggerendo che la carenza severa rappresenta la condizione di maggior vulnerabilità neurologica.

Il ruolo protettivo della supplementazione

Lo studio ha analizzato l'uso di integratori di vitamina D (5% dei partecipanti) e multivitaminici (19,8% dei partecipanti), rivelando effetti protettivi significativi. L'uso regolare di vitamina D si associava a una riduzione del 17%del rischio di malattia di Alzheimer, mentre i multivitaminici mostravano una protezione del 14% contro la demenza vascolare.

Un aspetto particolarmente interessante emerso dalla ricerca riguarda l'efficacia della supplementazione nel correggere la carenza: tra gli utilizzatori di vitamina D, solo il 6,9% presentava carenza, rispetto al 21,5% dei non utilizzatori. Questo dato sottolinea l'efficacia pratica degli integratori nel mantenere livelli adeguati del nutriente.

Fattori modificatori dell'effetto: età, obesità e pigmentazione cutanea

L'analisi per sottogruppi ha rivelato importanti modificatori dell'effetto che possono guidare strategie di intervento personalizzate. L'età emerge come fattore cruciale: i partecipanti di età compresa tra 55-64 anni mostravano una protezione più robusta dalla supplementazione di vitamina D rispetto al gruppo 65-69 anni, suggerendo che l'intervento precoce nella mezza età potrebbe essere più efficace per la prevenzione.

L'obesità (BMI ≥30 kg/m²) rappresenta un altro fattore di particolare interesse. I partecipanti obesi mostravano benefici più marcati dalla supplementazione per tutte le forme di demenza. Questo fenomeno può essere spiegato dalla sequestrazione della vitamina D nel tessuto adiposo, che determina un maggior fabbisogno e, conseguentemente, una risposta più evidente alla supplementazione.

Un risultato sorprendente riguarda l'influenza della pigmentazione cutanea: le associazioni tra carenza di vitamina D e demenza erano evidenti solo nei partecipanti con pelle chiara, mentre risultavano assenti o addirittura inverse in quelli con pelle scura. Questo fenomeno potrebbe essere correlato a polimorfismi genetici nella proteina di trasporto della vitamina D, più frequenti nelle popolazioni di origine africana, che modificano la biodisponibilità del nutriente.

Meccanismi neurobiologici della protezione

La ricerca supporta diversi meccanismi molecolari attraverso cui la vitamina D potrebbe esercitare la sua azione neuroprotettiva. La vitamina D sembra favorire la clearance delle placche amiloidi, caratteristiche della malattia di Alzheimer, e fornire neuroprotezione contro l'iperfosforilazione della proteina tau indotta dal beta-amiloide.

Sul fronte della demenza vascolare, la vitamina D influenza la salute cardiovascolare riducendo il rischio di ictus, particolarmente quello ischemico, e migliorando il controllo di fattori di rischio vascolare come ipertensione e diabete. La carenza di vitamina D è stata associata a una maggiore presenza di iperintensità della sostanza bianca e infarti dei grandi vasi, suggerendo un impatto diretto sulla patologia cerebrovascolare.

Implicazioni cliniche e raccomandazioni pratiche

I risultati di questo ampio studio prospettico forniscono evidenze robuste per considerare la vitamina D come un fattore modificabile nella prevenzione della demenza. La soglia di 50 nmol/L (20 ng/mL) emerge come target minimo per la salute cognitiva, mentre livelli inferiori a 30 nmol/L rappresentano una condizione di rischio elevato.

La supplementazione mostra efficacia particolare quando iniziata nella mezza età (55-64 anni), suggerendo che le strategie preventive dovrebbero essere implementate prima dell'insorgenza dei sintomi cognitivi. Per i pazienti obesi, la supplementazione potrebbe richiedere dosaggi più elevati o monitoraggio più frequente per raggiungere livelli ottimali.

La stagionalità e l'esposizione solare rimangono fattori importanti da considerare, specialmente nelle popolazioni a latitudini elevate dove la sintesi cutanea è limitata per diversi mesi dell'anno. L'integrazione con multivitaminicicontenenti vitamina D può rappresentare una strategia pratica per mantenere livelli adeguati, con il vantaggio aggiuntivo di fornire altri micronutrienti potenzialmente benefici per la salute cognitiva.

Prospettive future e necessità di ricerca

Nonostante la solidità dei dati osservazionali, gli autori sottolineano la necessità di studi clinici randomizzati controllatiper stabilire definitivamente la causalità del rapporto tra vitamina D e demenza. La natura osservazionale dello studio, pur controllando per numerosi fattori confondenti, non può escludere completamente la causalità inversa o il confondimento residuo.

Future ricerche dovrebbero esplorare i dosaggi ottimali per la prevenzione, la durata necessaria del trattamento e l'interazione con altri fattori genetici e ambientali. L'utilizzo delle neuroimmagini e dei biomarcatori specifici per la malattia di Alzheimer, disponibili nella UK Biobank, potrebbe fornire ulteriori insights sui meccanismi d'azione della vitamina D nel cervello.

La personalizzazione dell'approche basata su età, BMI, pigmentazione cutanea e genotipo APOE rappresenta una frontiera promettente per ottimizzare le strategie di prevenzione. Questo studio pionieristico apre la strada a una medicina preventiva più precisa e mirata per la salute cognitiva.

 

Link all'articolo: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38296029/