L'effetto degli acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6 sui livelli di lipoproteina(a)
La lipoproteina(a) [Lp(a)] rappresenta uno dei fattori di rischio cardiovascolare più dibattuti in ambito clinico e nutrizionale. Un recente studio randomizzato controllato, pubblicato su Atherosclerosis, ha esaminato per la prima volta gli effetti differenziali dell'acido alfa-linolenico (ALA) e dell'acido linoleico (LA) sui livelli sierici di Lp(a), fornendo nuove prospettive per la gestione nutrizionale del rischio cardiovascolare.
Background: la lipoproteina(a) e i grassi polinsaturi
La Lp(a) è una particella lipoproteica la cui concentrazione plasmatica è determinata principalmente da fattori genetici, specificamente dal locus del gene LPA. Tuttavia, fino al 10-30% della variabilità può essere attribuita a fattori dello stile di vita, inclusa l'alimentazione.
Studi precedenti avevano suggerito che la sostituzione dei grassi saturi con grassi insaturi potesse causare un modesto aumento (10-15%) dei livelli di Lp(a). Questa osservazione aveva sollevato preoccupazioni tra i professionisti della nutrizione, considerando che i PUFA (acidi grassi polinsaturi) sono generalmente raccomandati per la loro azione benefica sui lipidi plasmatici.
Metodologia dello studio FADSDIET2
I ricercatori finlandesi hanno condotto uno studio randomizzato controllato su 118 uomini di origine caucasica, tutti omozigoti per il polimorfismo FADS1 rs174550 (genotipo TT o CC). Questo particolare disegno sperimentale è stato scelto perché il gene FADS1 regola l'efficienza di conversione degli acidi grassi essenziali in forme a catena lunga.
Protocollo sperimentale
Dopo un periodo di run-in di 4 settimane, i partecipanti sono stati randomizzati in due gruppi per 8 settimane:
- Gruppo ALA: dieta arricchita con olio di Camelina sativa (57% PUFA, prevalentemente ALA)
- Gruppo LA: dieta arricchita con olio di girasole (63% PUFA, prevalentemente LA)
La dose giornaliera variava da 30 a 50 mL in base al BMI dei soggetti, con l'obiettivo di ottenere una sostituzione isocalorica dei PUFA al posto di grassi saturi e monoinsaturi.
Risultati principali: una scoperta inaspettata
Contrariamente alle aspettative, entrambe le diete hanno determinato una significativa riduzione dei livelli di Lp(a):
- Dieta ALA: riduzione del 7,3% (p = 0,003)
- Dieta LA: riduzione del 9,5% (p < 0,001)
La differenza tra i due interventi non è risultata statisticamente significativa (p = 0,089), suggerendo un effetto simile di entrambi gli acidi grassi essenziali.
Effetti dose-dipendenti
Un aspetto particolarmente interessante è emerso dall'analisi per quartili dei valori basali di Lp(a). I soggetti con concentrazioni iniziali più elevate hanno mostrato riduzioni assolute maggiori:
- Nel quartile più alto: riduzione media di ~7 mg/dL per entrambe le diete
- La correlazione tra livelli basali e variazione è risultata significativa (rho = -0,44 per ALA, rho = -0,46 per LA)
Effetti differenziali su altri parametri lipidici
Sebbene l'effetto sulla Lp(a) sia stato simile, le due diete hanno mostrato impatti differenti su altri marcatori aterogeni:
Superiorità dell'ALA
La dieta ricca in ALA ha prodotto riduzioni significativamente maggiori di:
- Colesterolo LDL: -10,1% vs -4,6%
- Colesterolo non-HDL: -8,3% vs -2,5%
- Colesterolo remnant: -8,5% vs nessun cambiamento
- Apolipoproteina B: -5,6% vs nessun cambiamento
Meccanismi proposti
L'analisi della composizione fosfolipidica plasmatica ha confermato l'aderenza ai protocolli dietetici. Interessante notare che, contrariamente alle ipotesi iniziali, la dieta LA non ha aumentato la proporzione di acido arachidonico (ARA) nei fosfolipidi, nemmeno nei soggetti con genotipo TT (teoricamente "convertitori efficienti").
Implicazioni cliniche e nutrizionali
Rilevanza cardiovascolare
Secondo studi di randomizzazione mendeliana, riduzioni di 50-100 mg/dL di Lp(a) sarebbero necessarie per ottenere una riduzione del 20% del rischio cardiovascolare. Le riduzioni osservate in questo studio (~7 mg/dL nel quartile più alto) si tradurrebbero in una riduzione del rischio relativo dell'1-3%.
Confronto con effetti su LDL-C
Per contestualizzare, le riduzioni di colesterolo LDL osservate (0,35 mmol/L per ALA, 0,11 mmol/L per LA) si tradurrebbero in riduzioni del rischio cardiovascolare dell'8% e 2% rispettivamente.
Considerazioni metodologiche
Punti di forza
- Disegno randomizzato basato sul genotipo
- Durata adeguata (8 settimane) per valutare cambiamenti stabili dei lipidi
- Biomarcatori oggettivi di aderenza (composizione fosfolipidica)
- Basso tasso di abbandono (10,4% gruppo ALA, 7,9% gruppo LA)
Limitazioni
- Sostituzione non completamente isocalorica (lieve aumento di grassi totali ed energia)
- Popolazione omogenea (solo maschi caucasici di mezza età)
- Potenza statistica ottimizzata per composizione degli acidi grassi piuttosto che per Lp(a)
Meccanismi d'azione: ipotesi emergenti
Gli autori propongono che l'effetto dei PUFA sulla Lp(a) possa avvenire attraverso la modulazione della sintesi epaticadi apolipoproteina(a) piuttosto che attraverso il catabolismo. L'osservazione che la dieta LA riduce la Lp(a) senza influenzare l'apoB suggerisce che meno particelle di apo(a) si legano alle LDL, che vengono comunque rilasciate in circolo.
Prospettive future
Questo studio sfida il paradigma precedente che associava i grassi insaturi a un aumento della Lp(a). La discrepanza con studi precedenti potrebbe essere spiegata dal fatto che quelli utilizzavano prevalentemente acidi grassi monoinsaturi (MUFA) piuttosto che PUFA.
Le implicazioni per la pratica nutrizionale sono significative: i risultati suggeriscono che le raccomandazioni standard di aumentare l'assunzione di PUFA non dovrebbero essere motivo di preoccupazione per pazienti con Lp(a) elevata.
Link articolo: https://www.atherosclerosis-journal.com/article/S0021-9150(24)00122-9/fulltext